Un festival prestigioso che si "ricarica" e parte per nuove mete
Un festival prestigioso che si "ricarica" e parte per nuove mete

Il Premio Futura 2024 a Beppe Carletti dei Nomadi

Sabato 6 aprile, alle ore 21.45, dopo l’incontro con Walter Veltroni, al Teatro del Casinò di Sanremo Beppe Carletti, musicista e fondatore dei Nomadi verrà insignito del Premio Futura conferito dal Festival della Parola Reloaded a personalità dello spettacolo che si sono distinte nell’impegno sociale.

L’incontro, moderato da Pierluigi Senatore, sarà anche l’occasione per presentare il suo libro scritto con Gianluca Morozzi, “Una voglia di ballare che faceva luce – Il romanzo di noi Nomadi (Aliberti).

Beppe Carletti, da oltre 60 anni alla guida dei Nomadi (un record non solo italiano) e da tempo impegnato a sostenere i bambini e le scuole cambogiane in collaborazione con associazioni come Ecpat, Rock No War, Cifa.

Sono passati sessant’anni, ma loro sono ancora lì. Nomadi, ma con le radici. Quelle radici saldamente piantate tra Novellara, le terre tra Reggio Emilia e Modena e qualche palco sempre da raggiungere. Novanta concerti l’anno in tutta la Penisola; una media annuale di un milione di spettatori, bambini, genitori e nonni, il “popolo nomade”. Sessant’anni filati come in un unico respiro, fatti di successi, lutti, rinascite, musica soprattutto, tanta musica.

Questo libro, scritto da Beppe Carletti insieme a Gianluca Morozzi, si legge come un romanzo: perché la storia dei Nomadi è un romanzo, più vero di qualsiasi fiction. Se la vita è un film, questo è il film di una band nata nella Bassa emiliana soltanto un anno dopo i Rolling Stones e che, come i Rolling Stones, ancora calca i palcoscenici, ancora fa emozionare, cantare, piangere, sognare. È lontano e allo stesso tempo vicino, quel 1963 in cui decisero di mettersi insieme e scelsero, quasi a caso, quel nome: Nomadi.

Due anni dopo usciva il loro primo 45 giri, “Donna la prima donna”. L’anno dopo iniziava la collaborazione con un altro emiliano all’epoca sconosciuto, di nome Francesco Guccini. “Noi non ci saremo”; “Dio è morto”: non solo canzoni, ma dei veri e propri stendardi per milioni di giovani. Poi arrivano gli anni Settanta: “Io Vagabondo”, ancora oggi la canzone simbolo della band e un inno per diverse generazioni. La scalata non si ferma più: partecipazioni televisive, presenza alle manifestazioni canore, i lavori discografici numerosissimi sino a oggi.

Una storia sempre aperta al futuro, con il cuore «gonfio di curiosità, affacciati su quel che sarà».